martedì 16 gennaio 2018

Wounds

Quando finalmente riprende fiato, sente chiaramente la testa che gli pulsa.
Il naso perde sangue.
La parte destra del volto è gonfia e fa male.

Il tavolo è rovesciato e a terra ci sono dei vetri. Il divano è stato sbattuto contro un muro.
La sua camera ha la porta sfondata da un grosso buco nel centro e la porta è divelta.
L'unico mobile, pieno di bottiglie vuote e mozziconi di sigari, giace schiantato a terra.
E' come se un uragano si sia abbattuto nel covo dei terroristi e lo abbia centrato in pieno. Solo che l'uragano era lui.

Prende fiato. Tossisce un paio di volte, pulendosi la bocca con il dorso della mano.
C'è sangue. Forse ha anche il labbro spaccato.

Quando Inara si incazza, non fa sconti per nessuno. Nemmeno per lui.
Lo ha imparato in Guyana, quando si sono nascosti dagli occhi di un mondo che li voleva solo morti.
Lo ha imparato a Philadelphia, quando gli occhi del mondo erano puntati su di loro.

La mano si allunga a cercare una bottiglia piena. Quello che trova sono solo frammenti di vetro bagnati ed un taglio sulla mano. Sbatte il pugno con forza sul pavimento. Una, due, tre volte. E' come un bambino che fa i capricci. Ma stavolta non c'è nessuno.

Quando raggiunge il bagno, lo specchio malmesso riflette una figura stanca. Il volto scavato che lo fissa mostra i segni di una lotta senza quartiere avvenuta due anni prima. E le ferite aumentano giorno dopo giorno. Si volta verso il letto vuoto, torna a fissare lo specchio.
E subito dopo un pugno preciso verso il volto scavato che lo fissa lo manda in frantumi.
Le ferite aumentano giorno dopo giorno.

E nessuna di esse si sanerà mai.

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